Come migliorare il rapporto tra generazioni. Ho cambiato mestiere, oggi faccio il nonno

628
AltaVita - Nonni e nipoti

Riflessioni della psicologa Clara Bigolaro

Nonni non si nasce ma si diventa, o meglio, ci si può preparare a diventarlo. Fare il nonno o la nonna è un mestiere speciale, in continua evoluzione. E’ speciale perché qualsiasi altro mestiere si basa su esperienze del passato, mentre chi fa il nonno non può attingere a piene mani dalle conoscenze di ieri, di genitore e figlio, perché i cambiamenti sono epocali e comportano una reinvenzione di se stessi.

Però, esistono dei punti fermi, validi ieri, ma ancor più oggi. Innanzi tutto, che tipo di nonno sono o vorrei essere? Un nonno “formale”? Un nonno “rilassato” o “rigido”, “saggio” o “distante”?

Insomma, si può essere nonni in tanti modi, come ci ha ricordato la psicologa di AltaVita-Ira, Clara Bigolaro, in occasione del suo intervento a “Padova città amica dell’anziano”, il ciclo di conferenze, al terzo atto, proposto da AltaVita-Ira. Un incontro a distanza, perché il Covid 19 ha cancellato la possibilità di ascolto diretto nella sala “Nilde Jotti” a Forcellini. Ma anche via Facebook non è venuto meno l’interesse dell’appuntamento, anche perché il titolo era accattivante: “I fattori N, nonni e nipoti. Riflessioni e suggerimenti per migliorare la comunicazione fra generazioni”.

E le riflessioni sono state tante, così come i suggerimenti. Partendo da lontano, dal nonno o dalla nonna di ieri. Ieri, i nonni venivano associati alla vecchiaia, per l’elevata mortalità, per lo stato di decadimento fisico, per la loro fragilità che necessitava dell’assistenza dei figli. Oggi, al contrario di alcuni decenni fa, il nonno è diventato più visibile, ha una fascia di età che va dai 50 ai 90 anni, è attivo ed è lui che può aiutare, anche economicamente, i figli a “mettere su famiglia”.

Intanto, la nascita dei nipoti ha in sé un duplice messaggio: un arricchimento di vita e di vita che passa. Come affermano gli psicologi, poi, la nascita dei nipoti segnala alla prima generazione che è tempo di passare le consegne un po’ per volta, che inizia un nuovo compito di sviluppo, adoperandosi e vigilando affinché il patrimonio familiare raggiunga le nuove generazioni.

Oggi il mestiere di nonno comporta anche un guadagno: c’è una maggiore enfasi nell’affetto, ci sono maggiori occasioni di contatto, più calore e vicinanza emotiva, maggiore disponibilità, c’è assunzione di un ruolo di simil-genitorialità, infine, si ha un maggior senso di comprensione fra generazioni.

Certo, anche oggi si può essere nonni “assenti”, nonni che nel tempo libero scelgono di dedicarsi ai loro interessi. Il nonno “presente” si caratterizza per la vicinanza affettiva, di amicizia, di complicità, compresa qualche trasgressione alle raccomandazioni dei genitori. Sempre più spesso si sente dire dai nonni: “con i miei nipoti ci gioco, con i miei figli credo di non aver mai giocato”, con la stessa passione e intensità. Una norma che dovrebbe valere, tuttavia, in questo coinvolgimento ludico-educativo, è quella della non ingerenza, non intromissione, nella cura e nell’educazione operata dai genitori. Disponibilità sì, invasione no.

Il “mestiere” di nonno o di nonna cambia poi al trascorrere dell’età dei nipoti: da compagni di gioco si passa, nell’adolescenza, al ruolo di confidenti e di “ponti” fra generazioni; quando il nipote è adulto ci può essere uno scambio informativo, tu mi dai conoscenze informatiche, ad esempio, io ti parlo delle mie esperienze di vita o ti spiego tutti i segreti dei miei hobby. O ti do consigli.

Un buon nonno è quello che sa ascoltare, che sa tacere, che sa entrare in relazione con i nipoti che crescono. Quando c’è relazione fra nonni e nipoti, questi ultimi hanno giovamenti, anche nell’attività scolastica e da adulti diventeranno più positivi verso gli anziani.

Essere nonno è un mestiere che va preparato, con approfondimenti di tipo psicologico, con accortezza e con prudenza. Altri buoni consigli: coltivare interessi per saperli poi trasmettere, fare le cose assieme ai nipoti, dare il buon esempio, saper essere collaboratori nei momenti del bisogno. Basilare, secondo Clara Bigolaro, è l’atteggiamento della pazienza, una virtù che va coltivata in un’epoca caratterizzata dalla fretta. Usare la pazienza e mantenere viva la speranza per il futuro. Essere modello per il nipote aiuta questi a superare le avversità. La fase dell’ascolto deve essere “speciale” perché porta a ragionare insieme. Un buon nonno sa anche vedere con gli occhi del nipote.

E oggi che il Covid complica le cose? Con la distanza sociale come la mettiamo? Innanzi tutto, distanza sociale non vuol dire dimenticanza. La pratica delle “buone parole” supera la distanza. Poi basta con le parole che richiamano la guerra, come prima linea, emergenza, coprifuoco. Non siamo in guerra, stiamo attraversando un momento difficile. Siamo chiamaci a sostenerci in sicurezza. I nonni sono chiamati anche alla scoperta degli strumenti tecnologici che riducono le distanze e a tenere ben aperte le porte alla speranza.

Ma quando il nonno non è più autosufficiente? E quando, magari, diventa ospite del Centro di via Beato Pellegrino? Quei nonni – parola di psicologa che da anni lavora lì – sono in grado di godersi il loro ruolo a pieno titolo, soprattutto quando quelli della generazione di mezzo, vale a dire i figli, sanno gettare un ponte fra nonni e nipoti. Anche in questo caso trova piena validità “il triangolo della fortuna”, ovvero il beneficio dello stare insieme nonni-genitori-nipoti.