Un’ora di stupore

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Con Mizar e Margo la grande magia al CS Beato Pellegrino.

Uno spettacolo magnetico che ha regalato quasi un’ora di stupore. Un mix di abilità, di eleganza, sempre sorprendente, ipnotico. Tale, insomma, da lasciare a bocca aperta, con una serie incessante di “oh, oh”, alimentati da un susseguirsi di “numeri”, uno più “magico” dell’altro.

No, non è stata un’ “illusione”. La Sala Polivalente di AltaVita-Ira, in occasione del “Giovedì grasso” ha ospitato uno spettacolo di magia di rara qualità, con “Mizar e Margò” protagonisti.

Un duo di “dilettanti” che hanno fatto dell’illusionismo un’arte, issandola a livello professionistico. Sono abili, credibili, sanno imprimere ritmo, incantano, sanno essere sorprendenti sempre, divertono, calamitano l’attenzione, strappano applausi convinti.

La Sala Polivalente era gremita come non mai, di ospiti e di loro parenti, ma non è volata una mosca. Tutti gli occhi erano puntati su Mizar e Margò, sui loro gesti, sulle loro mani che sfornavano così tante incomprensibili “meraviglie”. Il tempo è volato via.

Lui, Mizar, fa un po’ la parte dello stralunato, lei, Margò, non è la classica assistente, ma è una spalla sempre professionale, che unisce abilità ad eleganza.

Si parte con il numero musicale “Meno internet, più Cabernet”. Mizar, astemio in vita, barcolla come un classico ubriacone. Entra con una sola bottiglia. Estrae da una tasca un bicchiere colmo di vino, beve, manovra, le bottiglie da una diventano dieci, un bicchierino di vino riesce a riempire bicchieri via via sempre più grandi, poi le bottiglie scompaiono all’improvviso inghiottite da un bottiglione enorme. Mistero. Si cambia.

Da una cassa Mizar fa comparire Margò in un elegante abito bianco. La “maga” affascina e incanta manovrando cerchietti in ferro. E’ tanto brava da meritarsi una rosa bianca che purtroppo al momento della consegna perde tutti i petali. Niente paura, Mizar la ricostruisce e  la dona mentre risuonano le note di “Baciami piccina”.

Margò incanta facendo comparire e sparire una palla di metallo, Mizar manovra tre carte che mutano in continuazione “seme”, poi corde che vengono tagliate e ricomposte, acqua che si trasforma in vino e viceversa.

Molto riuscito il numero dell’armadio che “taglia” il malcapitato che finisce dentro. Ma qui Margo infligge un colpo basso al maschilismo che da sempre accompagna questo numero. E’ lei Margo che spinge nella macchina Mizar e lo “lavora” per bene, fino a farlo ricomparire, per fortuna, incredibilmente, sano e salvo.

Gran finale con lui che ipnotizza lei in piedi su uno sgabello. Mizar le toglie ogni appoggio ma Margo non si scompone. Resta sospesa a mezz’aria avvolta in uno sgargiante vestito rosso che la copre dalla testa a piedi. Come faccia a restare a un metro dal suolo senza alcun appoggio non si sa. Mistero.

Prima di accommiatarsi Mizar regala agli spettatori uno scketch d’alta classe: un viaggio su un’auto un po’ capricciosa, che va e s’inceppa, che buca, che riprende, che si blocca in un incidente. Un racconto fatto esclusivamente unendo i cognomi di personaggi della politica nazionale e internazionale della seconda parte del secolo scorso, da Saragat a Moro, da Bush a Kissinger, da Lenin a Mao, con altre decine e decine di nomi di capi di stato e ministri, sfornati a gran velocità. Da non credere.

Come da non credere è la storia di questo duo. Mizar nella quotidianità è l’ingegnere Emanuele Borsetto di Trebaseleghe, lei Paola Lazzaretto di professione è assistente sociale.

Per quanti amano il mondo dei motori il nome Borsetto suona familiare. Emanuele Borsetto, 63 anni, è ingegnere elettronico: per anni ha contribuito ai successi dei più grandi campioni mondiali della Formula Uno e della Moto GP.

Il morbo di Parkinson, assai ben controllato, gli fa un po’ tremare le mani ma il suo grande temperamento gli ha consentito di reiventarsi prestigiatore di successo.

Ora gira l’Italia con il suo spettacolo di magia toccando soprattutto villaggi turistici e animando feste aziendali, compleanni e matrimoni.

Mizar-Borsetto fin da piccolo amava la magia. Quattordici anni fa, mentre lavorava alla Ducati ha iniziato un corso di illusionismo per principianti e da allora non ha più smesso di … incantare.

Ha scelto il nome Mizar, perché è la seconda stella dell’Orsa Minore, una stella doppia come lui e Margo, una sua amica d’infanzia.

Nella sua prima vita, quella di ingegnere elettronico, ha lavorato in Ferrari, Aprilia e Ducati. Un mondo per certi verso magico come quello in cui è immerso oggi l’”ingegnere” che insegue il suo sogno di bambino elargendo stupore e sorrisi. Con la malattia ha adeguato i numeri, un grande lavoro di cesello, sceglie gli orari giusti e le medicine giuste. Vive con serenità e dona serenità.

Dona stupore. Difficile descrivere la sua “magia” e la “magia” in genere “perché – come affermava lo scrittore americano Tom Robbins – usare le parole per descrivere la magia è come usare un cacciavite per tagliare un rotolo di roast-beef”.

Nessuno alla fine dello spettacolo ha osato chiedere lumi sui segreti del mestiere perché privare la magia del suo mistero sarebbe assurdo, come pretendere di togliere il suono alla musica.