Un freno alla demenza senile con due piccole sane abitudini

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“Il momento più terribile è stato quando papà tra una frase sconnessa e l’altra ha trovato i miei occhi e mi ha detto sono finito. Mi sono sentita morire, perché in quel momento ho percepito la sua disperazione pura”.

Quel padre era stato ghermito da un male per il quale sono state adoperate le parole più spregevoli per definirlo: l’Alzheimer.

La cura definitiva per questa malattia non lascia aperta la porta al suo superamento, per ora. I focolai di speranza che, qua e là, i ricercatori avevano acceso, si sono dimostrati fatui.

La medicina giusta non è stata trovata e così il traguardo della guarigione ancora non si intravvede.

Non ci resta che la rassegnazione, allora? Non è così. Una buona notizia c’è: due recenti studi, usciti quasi contemporaneamente,  ci dicono che le forme di demenza senile si possono prevenire anche attraverso delle abitudini quotidiane, come l’igiene dentale e l’esercizio fisico.

In attesa che arrivi la cura, le due ricerche sottolineano il ruolo importante che può rivestire la prevenzione.

Vediamo da vicino quanto asseriscono i due gruppi di ricercatori.

I risultati del primo studio sono stati riportati sul Journal of American Geriatrics Society. Nel report si afferma che è stata trovata una correlazione fra l’igiene dentale e l’Alzheimer: chi ha importanti problemi di salute in bocca ha il 23 per cento in più di probabilità di sviluppare una forma di declino cognitivo con conseguente perdita di memoria.

Una ben curata igiene orale, protetta da ravvicinate visite dal dentista, secondo gli autori di questa ricerca rappresenta una strada da seguire per tenere lontane le malattie gengivali, già legate in passato anche a diabete e malattie cardiovascolari.

E’ stato dimostrato che una infiammazione cronica delle gengive immette sostanze infiammatorie nel sangue, uccide neuroni, e fa aumentare il rischio di declino cognitivo (23%) e di demenza (13%).

Questo studio è una sorta di conferma: arriva dopo altre ricerche scientifiche che mettono in relazione bocca e cervello.

Hanno dimostrato che le infezioni microbiche cerebrali e le infiammazioni hanno un ruolo nell’Alzheimer, e che i batteri del cavo orale sono tra gli agenti microbici identificati nel cervello dei malati d’Alzheimer.

Alcuni batteri del gruppo delle spirochete che possono comparire nel cavo orale sono stati individuati nel cervello post-mortem di alcuni pazienti affetti da Alzheimer. E in concentrazioni quattro volte superiori a quelle di individui non affetti da demenza senile.

Chi è affetto da parodontite ha una superficie ulcerata non visibile ma della grandezza del palmo d’una mano, da cui passano nel sangue miliardi di batteri capaci di causare un danno diretto agli organi e uno stato d’infiammazione esteso a tutto l’organismo.

Ecco dunque che prendersi cura dei propri denti significa proteggere anche il proprio cervello.

Nei pazienti affetti da morbo di Alzheimer è stata descritta una maggiore severità ed un più rapido declino delle capacità cognitive quando coesistano anche problemi parodontali.


 E’ stato ipotizzato che tale correlazione possa trovare una spiegazione nella liberazione nel circolo sanguigno di mediatori pro-infiammatori nei pazienti parodontopatici che sono in grado di superare la barriera emato-encefalica e stimolare le cellule nervose a produrre radicali liberi e ulteriori citochine pro-infiammatorie, determinando un progressivo danneggiamento delle strutture nervose.

“L’infiammazione sistemica – afferma lo studio – di per sé è un determinante indipendente del deterioramento cognitivo e si collega a vari fattori di rischio tra cui diabete, ipertensione e colesterolo e anche all’invecchiamento e al deterioramento cognitivo”.

C’è un altro studio che suggerisce una seconda importante via per mantenere giovane il cervello a prescindere dall’età.

I ricercatori della University of California S. Francisco hanno dimostrato che il cervello degli anziani fisicamente attivi possiede una proteina che migliora le connessioni fra neuroni e aiuta a mantenere una sana cognizione.

La neurologa Kaitlin Casaletto afferma che “preservare l’integrità di queste connessioni fra neuroni è vitale per respingere la demenza, dal momento che la sinapsi è davvero il luogo in cui avviene la cognizione. L’attività fisica può potenziare il suo funzionamento”.

Il geriatra Valter Giantin, presidente del Comitato Etico di AltaVita-Ira, sostiene che “l’esercizio fisico protegge la salute del nostro cervello più di qualsiasi altra pratica” e che “in presenza di una predisposizione genetica alla demenza, l’esercizio regolare è in grado di compensare fin quasi ad azzerare il rischio correlato alla familiarità”.

In Italia la demenza senile oggi riguarda un milione e 200 mila persone, di cui il 60% colpito da Alzheimer.