Il Bo compra la chiesa

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Recupera e trasforma l’edificio sacro di via Beato Pellegrino

Da storico edificio di culto a moderna struttura al servizio dell’università. L’ultimo capitolo della tormentata vita della chiesa di via Beato Pellegrino lo ha già cominciato a scrivere l’ateneo di Padova. Il Senato Accademico, infatti, ha già deliberato di inserire la chiesa dedicata al Beato Antonio Manzoni, detto il “Pellegrino”, nel proprio piano triennale di investimenti e ne ha avviato la procedura d’acquisto. Sarà un cammino lungo ma alla fine questo gioiello, dopo anni di abbandono, sarà recuperato, ristrutturato e diverrà parte integrante del modernissimo Polo Umanistico dell’Università.

Un finale annunciato. Non poteva che concludersi così, infatti, dal momento che la chiesa era rimasta l’unica parte del complesso dell’ex ospedale geriatrico e della Pia Casa di Ricovero a rimanere fuori dalla grande opera di ristrutturazione attuata dall’Università e conclusa nel 2019 sull’area di oltre 17 mila metri quadrati, compresa fra le vie Elisabetta Vendramini e Beato Pellegrino. Dopo un lungo periodo di semi-abbandono, l’ultimo proprietario della chiesa, l’Ulss 6 Euganea, l’ha messa in vendita nel gennaio 2023 e così l’Università si è fatta avanti con l’obiettivo di recuperare questo prezioso spazio per poi metterlo a disposizione dei suoi studenti e quindi della città. Un altro pezzo della storia di Padova che viene restituito alla comunità. La spesa per l’acquisto degli 868 metri quadri dell’edificio è di 544 mila euro, più altri 57 mila per oneri aggiuntivi.

Questo passaggio di mano della chiesa vede come spettatrice attenta e interessata, per indimenticati legami storici, anche AltaVita-Ira, l’Ente che per anni e anni ne è stato il proprietario e custode. Un legame sentito ancora oggi, sia per i tanti anni passati insieme, costellati da numerose vicende e trasformazioni, sia per l’attaccamento che l’Ente ha sempre avuto con la figura del Beato Pellegrino, esempio di solidarietà, umiltà, pazienza e dal grande spirito di servizio.

La chiesa, nota come Oratorio del Beato Pellegrino, nacque con il contiguo monastero nel XVI secolo (su progetto attribuito a Vincenzo Dotto), a seguito dell’ingresso in città delle monache benedettine, rimaste a lungo senza il loro convento di Santa Maria di Porciglia, raso al suolo per motivi bellici nel 1509 (presero possesso del nuovo monastero in contrada dell’Arzere solo nel 1575). Con loro portarono nella nuova sede anche il corpo del Beato Pellegrino che dal 1267, anno della sua morte, era custodito in una cappella del monastero di S. Maria di Porciglia.  Al Beato fu dedicata la chiesa nel 1582. Qui la comunità monastica rimase fino alla soppressione napoleonica degli enti religiosi (1806-1810).

La chiesa venne consacrata dal vescovo Federico Corner il 17 giugno 1581. Sempre in quell’anno Angelo De Lazara, figlio di Domenico, realizzò l’altare della Madonna. Il chiostro fu innalzato invece fra il XVI e il XVII secolo per volontà di Vincenzo Dottomei. Risale a quell’epoca anche la lunetta della facciata della chiesa, che rappresenta la “carità”. Un tempo la chiesa aveva la facciata caratterizzata da un portico, poi demolito così come il campanile. L’ultimo intervento risale al 1943.

A seguito delle soppressioni napoleoniche e dell’allontanamento delle monache benedettine, le strutture monastiche furono utilizzate prima come caserma (1838) e successivamente come ospizio e casa di cura femminile. Il 10 febbraio 1881 il Comune di Padova cedette la proprietà alla Casa di Ricovero. L’1 maggio 1883 qui fu trasferito anche il reparto maschile dall’ex convento di S. Anna di via Sperone Speroni. Nel frattempo le spoglie del Beato Pellegrino, unitamente a quelle del Beato Compagno Ongarello (a lungo priore del monastero di S. Maria di Porciglia) vennero portate nella chiesa di Ognissanti  e, infine, nel 1864 nella nuova chiesa dell’Immacolata in via Belzoni (dove si trovano tuttora).

Ruggero Maschio nel volume “Padova, basiliche e chiese” (autori vari, Neri Pozza Editore, pagina 339) descrive così l’interno della “chiesetta a una sola navata con tetto a spioventi”: “nella cappella si vedono la statua del Sacro Cuore e due affreschi, recenti, con la raffigurazione di S. Anna e del Beato Pellegrino. Dietro l’altare maggiore spicca una tela centinata del Settecento, con l’Assunzione di Maria. Scomparsi, invece, alcuni dipinti che si trovavano nella chiesa, dove rimangono soltanto una tempera raffigurante il Beato Pellegrino che fa l’elemosina e, nella sacrestia, un Cristo ispirato apparentemente alla scuola di Lello Orsi e una testa di S. Francesco di ignoto del secolo XVII”. Nell’ampia cantorìa in controfacciata, già coro pensile delle benedettine, si trova un organo a canne costruito nel 1850.

La chiesa fu depredata già in età napoleonica e anche nella notte fra il 24 e il 25 ottobre 1993. Uno dei dipinti recuperati, attribuito a Palma il Giovane (si vede Gesù che colpito da frustate prima della crocifissione sta per cadere e terra) ora è custodito nella sede di AltaVita.

Nel 1968 avviene un cambiamento epocale e la chiesa dedicata al Beato Pellegrino cambia proprietà: l’Istituto di Riposo e Cura per Anziani, con la riforma del Ministro della Sanità, Mariotti, cede i reparti di “cura” che diventano l’ospedale geriatrico di via Vendramini. L’Istituto fu espropriato, senza alcun indennizzo, della maggior parte delle sue strutture, il tutto aggravato ancor di più dalla cessione di tutti i servizi generali, indispensabili al funzionamento del nuovo ospedale (cucina, magazzini, dispense, guardaroba, ecc).  

Nel 2003 in concomitanza con la chiusura dell’ex ospedale geriatrico la chiesa viene ceduta dall’Ulss alla Curia vescovile in comodato d’uso, che a sua volta ne consente l’utilizzo alla comunità rumena di rito cattolico. Nel 2010 c’è la visita pastorale del vescovo mons. Antonio Mattiazzo. Poi l’oblio. A parte piccoli lavori di manutenzione per anni non vengono effettuati investimenti per impedirne il degrado. 

I giornali locali a più riprese danno l’allarme: le infiltrazioni d’acqua – scrivono –   da tempo stanno danneggiando le pareti, l’intonaco cade a pezzi, i colori dei dipinti sono spenti, le tele sono deformate a causa dell’umidità, l’organo per fortuna è coperto da un telo di protezione. 

Si arriva così ai giorni nostri, mentre l’Università in 3-4 anni porta a termine tutto il recupero dell’ex ospedale geriatrico trasformandolo in un gioiello urbanistico. Resta fuori solo la chiesa che a inizio 2023 l’Ulss mette in vendita.

Si fa avanti, come si è detto, il Bo. Per farne cosa? Un’ipotesi progettuale ancora non c’è. La chiesetta, non appena i vincoli burocratici saranno spezzati sarà sconsacrata, e saranno avviati gli interventi di completo recupero di ogni sua parte. Mentre la sacrestia quasi certamente diverrà un’aula studio, per la chiesa ci sono diverse ipotesi: aula magna, sala congressi, auditorium, teatro.

Saranno necessari diversi milioni per un recupero che si annuncia complesso e costoso e disseminato di ostacoli. C’è la garanzia, tuttavia, che tutto andrà a buon fine: l’impegno corale dell’Università di Padova.