Non è semplice uscire dal Covid. Difficile ritorno alla normalità

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Una persona guarita su due sviluppa fastidiosi sintomi

E’ come quando si abbatte un uragano. C’è l’immediato devastante impatto sul territorio, poi, quando il peggio sembra passato, ci si accorge, ad esempio, che l’agricoltura stenta a riprendersi, che una certa strada non è più percorribile, che un ponte non è più sicuro, che una montagna deve essere rimboscata. Rimangono le conseguenze. Per il ritorno alla normalità serviranno mesi, forse anni.

Così il Covid. C’è la malattia, la guarigione quando gli operatori sanitari hanno la meglio sul virus, poi … Poi c’è il long Covid, che è diventata la nuova sfida per la Medicina. Più di un paziente su due, pur guarito, sviluppa sintomi a lungo termine che persistono anche fino a sei mesi dalla guarigione.

È quanto emerge da un’indagine svolta presso il Penn State College of Medicine e pubblicata sulla rivista JAMA Network Open (Journal of the American Medical Association, fondato nel 1883, fra le tre più autorevoli voci della Medicina nel mondo).

Quali sono questi sintomi che continuano a tormentare un guarito su due? I più comuni sono affaticamento, dolori articolari e muscolari, sintomi influenzali e perdita di peso.

L’indagine, condotta su vasta scala, ha mostrato che dei 236 milioni di persone guarite dal Covid nel mondo più della metà riporta sintomi a lungo termine. Tra i 2.100 studi effettuati ne sono stati presi in esame 57 provenienti da tutto il mondo. Gli esperti hanno eseguito la revisione dei dati, per un totale di 250.351 adulti (140.196 maschi) che hanno avuto il Covid tra dicembre 2019 e marzo 2021. Il 79% del campione è stato ricoverato in ospedale (197.777), e la maggior parte dei pazienti (79 %) – di età media 54 anni – appartiene a Paesi ricchi.

I risultati suggeriscono che i tassi di PASC (PostAcute Sequelae of Covid) sono effettivamente comuni: 5 su 10 sopravvissuti a Covid 19 hanno sviluppato una ampia gamma di manifestazioni cliniche polmonari ed extrapolmonari, inclusi disturbi del sistema nervoso e neurocognitivi, della salute mentale, disturbi cardiovascolari, gastrointestinali, dermatologici e segni e sintomi correlati a uno scarso benessere generale, come malessere, affaticamento e ridotta qualità della vita.

E’ stato osservato, inoltre, che più di 1 su 5 dei guariti manifesta una riduzione della motilità; 1 su 4 difficoltà a concentrarsi; 1 su 3 sviluppa un disturbo d’ansia; 3 su 5 hanno anomalie polmonari e oltre 1 su 4 difficoltà respiratorie. Quasi 1 su 5 lamenta anche perdita di capelli e arrossamenti cutanei. Molto alta anche la percentuale di anomalie delle immagini radiografiche e del torace.

Tra i sintomi neurologici più comuni sono stati registrati mal di testa, deficit di memoria, difficoltà di concentrazione e deterioramento cognitivo.

Va tenuto presente, inoltre, che possono esserci effetti indiretti sulla salute mentale, dovuti allo stress post-traumatico, all’isolamento sociale e a fattori economici, come la perdita di lavoro.

Nello studio si legge che tra gli individui guariti a circa 1 su 3 sono stati diagnosticati disturbi d’ansia generalizzati, a 1 su 4 disturbi del sonno, a 1 su 5 depressione e a 1 su 8 disturbo post-traumatico da stress.

Per accertare eventuali anomalie polmonari sono stati effettuati test di funzionalità polmonare come la spirometria, la capacità di diffusione del monossido di carbonio e la forza respiratoria, ma anche radiografia del torace, tomografia computerizzata e risonanza magnetica. I disturbi più frequenti osservati sono dispnea, tosse e aumento del fabbisogno di ossigeno.

Tra i disturbi cardiovascolari si segnalano in particolare dolore al petto e palpitazioni, mentre per i disturbi gastrointestinali, dermatologi e connessi a orecchio, naso, gola sono frequenti dolori addominali, diminuzione dell’appetito, diarrea e vomito.

I ricercatori hanno quindi lanciato l’allarme ai governi sottolineando che nel futuro prossimo i sistemi sanitari dovranno far fronte a un’ondata di pazienti long Covid da gestire per sintomi fisici e psicologici.

Ma come farvi fronte? Utilizzando cliniche multidisciplinari one-stop, al fine di evitare rinvii multipli a differenti specialisti. Serve, insomma, un’assistenza globale. Dovrebbero farne parte pneumologi, cardiologi, medici di base e della riabilitazione, neuropsicologi, fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti e dietologi. Sognare è lecito ma il nostro sistema sanitario deve fare i conti con le risorse e quindi a difficoltà si sommeranno altre difficoltà.

Lo studio, concludono gli autori, dimostra ora sempre più chiaramente che la malattia non si esaurisce con la risoluzione dell’infezione e il vaccino è al momento l’arma principale a disposizione contro l’infezione e quindi anche contro il long Covid.

A questo punto è lecito porsi un paio di domande. Anzi, tre. Chi sceglie di non vaccinarsi, in nome di non si sa quale libertà, si rende conto delle conseguenze cui rischia di andare incontro? Si rende conto del danno che può provocare, veicolando il virus, a un familiare, a un amico, a un collega o anche solo a uno sconosciuto? Si rende conto dei problemi che comporta a chi deve assisterlo, guarire e recuperare a una vita “normale” e di vera libertà?

Fonte: Jama Network Open