Perché non si può fare a meno delle RSA

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Conferenza stampa di Uneba con Marco Trabucchi

Perché non possiamo fare a meno delle RSA, le strutture sociosanitarie che si prendono cura degli anziani? In altre parole, perché le RSA sono insostituibili?

A questi interrogativi sono stati chiamati da Uneba (Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza sociale) a dare risposte in particolare i professori Marco Trabucchi, Neuropsichiatra, direttore scientifico del Gruppo di Ricerca Geriatrica di Brescia e Antonio Sebastiano, direttore dell’Osservatorio RSA dell’Università Carlo Cattaneo, oltre ad alcuni addetti ai lavori di Lombardia e Veneto, nel corso di una conferenza stampa trasmessa via Zoom.

Marco Trabucchi non ha avuto esitazioni nel ribadire l’importanza delle RSA e lo ha fatto da par suo. “La vita di ogni persona – ha esordito – è instabile e con l’età questa instabilità si accresce. Arrivano le carenze cognitive, solitudine, povertà, demenza e altre insufficienze.

Sembra un errore biologico: quelle che sembravano conquiste certe e stabili fatte nell’arco della vita al trascorrere degli anni svaniscono. Ogni anziano, man mano che passa il tempo, subisce un processo individuale di impoverimento delle proprie facoltà.

La collettività è chiamata a dare a ciascuno risposte adeguate alle domande di assistenza. Non risposte generiche ma pertinenti. Il rispetto alla dignità dell’anziano si verifica solo se la risposta è adeguata.

In questa logica i servizi per non fallire devono declinare i bisogni di ogni singolo individuo. Una buona società deve fornire risposte all’altezza. E’ nella RSA il luogo dove si devono ricomporre le fratture della vita. Lì le crisi relazionali, economiche, sociali e sanitarie trovano ricomposizione”.

“Il ruolo delle RSA – ha aggiunto Trabucchi –  è quello di consentire ad ogni anziano di trovare risposte alle proprie esigenze, una risposta globale e rispettosa. Questo tipo di RSA non ha nulla da spartire con quelle strutture dove la gente va a concludere la propria esistenza.

Noi dobbiamo costruire realtà vive non di oppressione. Costruiamo mondi vitali che meritano maggiori attenzioni”.

Il periodo è difficile. E’ difficile reperire volontari. “Anche i preti hanno paura a entrare nelle strutture per anziani. A questo punto – secondo il professore – dobbiamo ricostruire partendo dalla formazione.

Dobbiamo ricostruire una cultura forte. Noi non siamo l’ultima spiaggia. Siamo l’estremo opposto. Ci è vicino anche Papa Francesco quando ci suggerisce le giuste medicine che dobbiamo assicurare agli anziani: ascolto, vicinanza, cura, tenerezza.

No alla burocrazia miope che uccide il mondo vitale, no a un management debole. Non dobbiamo essere gestori di fallimenti. La nostra impostazione mira a costruire una casa dove le crisi trovano composizione, dove trovano patria le parole di Francesco”.

E’ stata l’occasione anche per il presidente di Uneba, Franco Massi, di togliersi qualche sassolino dalla scarpe: “C’è anche una verità da ripristinare, usciamo dal clima di criminalizzazione delle RSA.

Tre decessi in una RSA venivano riportati con titoli a tutta pagina mentre le centinaia di persone morte nelle loro abitazioni senza neanche una telefonata del medico di famiglia sono state ignorate. C’è stata voglia di criminalizzare. La gente ha bisogno di certezze. Le RSA fanno parte di una rete di servizi per rispondere ai bisogni.

C’è l’assistenza domiciliare, ci sono i centri diurni, gli alloggi protetti, le RSA. Nessuna di queste strutture è alternativa alle altre. Sono e devono essere complementari”.

Un concetto ripreso anche dal prof. Antonio Sebastiano che con lucidità ha cercato di spegnere le romantiche tesi sull’assistenza domiciliare di mons. Paglia, presidente della commissione governativa che deve gettare le basi della sanità di domani.

“Non è tempo di dogmi e di tesi utopistiche  – ha detto Sebastiano – perché tutti i dati ci dicono che bisogna investire sulla rete sociosanitaria, dove le RSA sono un anello  indispensabile della filiera a fronte dei mutamenti sociali in corso”.

Oggi in Italia abbiamo una disponibilità di posti letto per mille abitanti pari a 19,2 mentre la media OCSE è di 47,2. E’ assurdo poi pensare a mini-RSA all’insegna del piccolo è bello e meglio, quando sappiamo che per una sostenibilità economica servono RSA con non meno di 120 posti letto.

L’immagine ingenerosa delle RSA – ha osservato – nel periodo della pandemia ha determinato un bagno di denigrazione ed è stato un deterrente per nuovi ingressi. Il ritorno alla normalità richiederà un percorso lungo.

Certo, anche certi modelli di RSA vanno ripensati. C’è bisogno di managerialità e professionalità, ma è indispensabile maggiore attenzione verso chi “aiuta ad aiutare”.

Dare risposte personalizzate su misura ai bisogni di ciascuno è il futuro dell’assistenza.