Jugen DM, genio del rock

254

La frenetica gioventù dell’ex chitarrista Eugenio Di Matteo.

La sua vita è ricca di audaci intrecci, scandita da un ritmo intenso e disordinato. Precipitosa all’inizio, sospinta dal vento della sua bravura di giovane speranza della chitarra elettrica. Poi il rischio di andare a fondo rovinando tutto per l’uso abituale di droghe; quindi il colpo di reni per rialzarsi, mestieri umili e inappropriati per guadagnarsi da vivere.

Ultimo capitolo importante della sua vita da nomade è il conseguimento del diploma in informatica e in sicurezza informatica. Sullo sfondo due matrimoni, due lunghe convivenze con ragazze molto più giovani di lui, tre figli e una storia d’amore conclusa tragicamente quando lui aveva appena raggiunto la maggiore età.

Una vita frenetica, oggi si direbbe “esagerata”, che ha avuto inizio a Taranto, la sua città natale, poco meno di 67 anni fa. Dopo l’adolescenza, per 7 anni è stato in giro a suonare in tutta Europa con la Premiata Forneria Marconi, quindi gli anni di Milano, poi l’arrivo a Padova, dove ha abitato per 7 anni in una casa Ater.

Dal 2021 è ospite al Centro Servizi di via Beato Pellegrino, residenza Fiordalisi, ove “viaggia” tra i sentieri dei suoi ricordi e dei suoi affetti, con accanto la sua indimenticata chitarra.

Adesso Eugenio Francesco Di Matteo, in arte Jugen DM, ex chitarrista solista e polistrumentista, si è fermato. E sembra aver fermato anche il tempo. Mentre riavvolge il nastro delle sue tante “vite”, si racconta con un fil di voce e ogni tanto rimanda indietro le lacrime che vorrebbero scendere. “ Rifarei tutto” dice mentre la voce s’incrina quando la mente scava tra i ricordi più belli e più tristi che hanno segnato la sua vita.

Due in particolare: Tonia, la sua prima ragazza, la più amata che era solita dire: – Io ti amo all’estremo. Come metà di una cosa sola! Poi i tanti lutti che hanno scandito tutti gli anni della sua esistenza: i nonni prima, uno zio, la mamma che ha perduto quando lui aveva 10 anni, il papà quando ne aveva 15; poi cinque suoi amici uccisi da un fulmine in spiaggia a Taranto e tanti altri stroncati dalla droga mentre frequentava la casa alloggio di Varese; infine, un fratello morto per tumore e una sorella per Covid. A lui stesso nel 1991 era stata diagnosticata la contrazione dell’AIDS. Un medico gli aveva pronosticato un anno di vita. Si sbagliava, per fortuna. Così nei successivi 7 anni, Eugenio ha mandato per scaramanzia un mazzo di fiori al suo dottore, con la scritta “sono ancora vivo”.

Tonia, dunque, l’amore che non ha mai scordato. Eugenio, orfano, era appena stato cacciato di casa dal fratello, maggiore di 14 anni, poliziotto, che pretendeva di educarlo a cinghiate. Dopo essere stato ospitato in alloggi di fortuna, l’aveva accolto il papà di un suo amico, padre di 9 figli. Tonia era una nipote di quest’ultimo. L’incontro, l’amore a prima vista fra Eugenio e Tonia. Ma un amore contrastato dalla famiglia di lei: una famiglia ricca, bene in vista che non voleva saperne di quel ragazzo senza arte né parte, squattrinato. Si sono frequentati di nascosto per tre anni, poi la decisione della famiglia di lei: la ragazza viene mandata da parenti in Svizzera per stroncare quella storia d’amore. Qui sola, disperata, Tonia si toglierà la vita. Per Eugenio un trauma che lo segnerà per sempre.

Gli restava la sua gioventù e la sua chitarra elettrica che aveva incominciato a suonare a 11 anni. Nessun insegnante, tutto a orecchio. Poi i suggerimenti di un amico, i primi accordi, un libro. Eugenio diventa un asso della chitarra elettrica. Una sera, in un pub, partecipa a un incontro per giovani talenti, organizzato da Iaia De Capitani, manager della Premiata Forneria Marconi. Eugenio viene letteralmente sospinto dagli amici a salire sul palco per un’esibizione. Suona “Eruption”, uno dei più grandi assoli di chitarra di tutti i tempi, lanciato dal gruppo Van Halen anni prima. Una esecuzione impeccabile che gli apre il mondo professionistico della musica: andrà a far parte di una Band di giovani che accompagnano le tournée della PFM, in Italia, Francia e Germania. Per 7 anni. “Suonavamo il ‘progressive rock’ – ricorda Eugenio – brani lunghi in evoluzione”. Nel frattempo, a 21 anni nel 1978, a Taranto, Eugenio si sposa una prima volta e diventa papà di un figlio oggi ultraquarantenne.

Nella sua giovane esistenza ad un certo punto irrompe la droga – comune a quei tempi nel mondo del rock – che porta anche al distacco dalla PFM, perché lui non è più in grado di partecipare ai concerti. Poi c’è il periodo della disintossicazione.

Al primo matrimonio, durato tre anni, seguirà una convivenza con un’altra ragazza: 7 anni assieme, e una figlia, Valentina, oggi trentenne. Lontano dalla musica, nella città di Milano, Eugenio si adatta a lavorare in un’impresa di pulizie; poi insieme ad amici fonda una società che installa pareti mobili e contro-soffittature.

Si rimette a studiare, attratto dall’informatica, una materia in cui eccelle. E’ portato per quella scienza  che si apprestava a diventare essenziale nella vita di tutti i giorni: si diploma e diventa il braccio destro di un ingegnere a Milano.

A 42 anni si risposa con una ragazza di 22 anni, nasce un figlio, Daniele, che oggi ha 16 anni ed è una promessa della musica, legatissimo al padre.

Il matrimonio dura fino a quando la moglie vince un concorso e trova un lavoro a Torremaggiore, nel Foggiano. Eugenio resta solo a Milano.

Nella città del Santo, Eugenio arriva portato da un’altra giovane donna. Ha vent’anni meno di lui. Cinque anni di convivenza e poi la storia finisce “per incompatibilità di carattere”, commenta oggi Eugenio.

Ora la sua quotidianità ha tutti i crismi della normalità.

Nella RSA di via Beato Pellegrino è circondato da ricordi. Continua ad essere anche un buon papà per Daniele che a lungo ha visto crescere e che in lui si rivede quando bambino imbracciava l’amata chitarra.

Ha un telefono cellulare – lo maneggia da provetto informatico -che custodisce brani di concerti che ha eseguito in gioventù. In cima a tutte la sua prima esecuzione di Eruption. Poi c’è la sua chitarra che ogni tanta imbraccia per non arrugginirsi, perché prima o poi suonerà  assieme al suo Daniel. Non vede l’ora di raggiungerlo per Pasqua a Torremaggiore, in provincia di Foggia, dove vive con la madre.