Il diritto alla salute prevale sulla libertà dei No vax

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Bocciato il ricorso di operatori sanitari di due RSA

E’ preminente il diritto alla salute di una persona bisognosa di cure rispetto alla libertà di comportamento di chi quelle cure dovrebbe assicurarle, non mettendosi nella condizione di poter essere veicolo di infezione.

In un periodo così difficile dovuto al Covid, chi entra per prestare la propria opera in una struttura protetta deve essere vaccinato al fine di non fare venire meno il diritto alla salute degli anziani. Se non si vaccina non può entrare in contatto con gli ospiti.

In altre parole, il diritto alla salute delle persone ritenute fragili che entrano in contatto con chi esercita le professioni sanitarie, così come il diritto alla salute della collettività, prevalgono sulla libertà di chi non intende sottoporsi alla vaccinazione contro il Covid.

Lo ha ribadito una seconda volta il Tribunale di Belluno, stabilendo che d’ora in poi i lavoratori delle Rsa hanno tre possibilità: o si vaccinano, o trovano se possibile una diversa occupazione all’interno della residenza lontano dagli ospiti o devono cambiare lavoro.

Con questa motivazione – con il diritto alla salute che s’impone sul diritto alla libertà – il Tribunale ha respinto il reclamo presentato dagli otto operatori socio sanitari delle case di riposo di Belluno e di Sedico, che chiedevano il riconoscimento del diritto a non vaccinarsi senza dover incorrere in ferie forzate o sospensioni.

Così per la seconda volta la sezione Lavoro del Tribunale, riunita in forma collegiale (Umberto Giacomelli presidente, Paolo Velo giudice e Chiara Sandini giudice relatore) ha ritenuto non ammissibile il ricorso dei lavoratori contro l’ordinanza del 19 marzo scorso che aveva respinto l’azione legale contro Sersa e Sedico Servizi, facendo prevalere l’obbligo del datore di lavoro di tutelare la salute nelle residenze sociosanitarie (ai sensi dell’articolo 2087 del codice civile).

I lavoratori, rappresentati dall’avvocato Andrea Colle, avevano provato a ribadire il loro diritto a scegliere se vaccinarsi o meno, al di là del decreto 44/2021, senza dover subire sospensioni non retribuite o peggio il loro licenziamento. Inoltre avevano chiesto al Tribunale di sollevare una questione di legittimità costituzionale in merito all’articolo 4 del Decreto Legge 44/2021, ritenendolo in contrasto con l’articolo 32 della Costituzione nella parte in cui prevede l’obbligo di vaccinazione per chi esercita le professioni sanitarie.

Di fatto il Tribunale ha dato ragione ancora una volta al Decreto Legge numero 44 del 1° aprile 2021, che impone l’obbligo vaccinale per gli operatori sanitari, nonostante questi avessero chiesto una valutazione di incompatibilità con l’articolo 32 della Costituzione. Questo recita: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

Sersa Srl e Sedico Servizi – le due Case di Riposo dove era stato sollevato il caso – avevano parlato di inammissibilità del reclamo, visto la presenza del nuovo Decreto Legge. Tesi ora ribadita dal Tribunale. I lavoratori sono stati quindi condannati a rifondere le spese pari a 2.500 euro.

Degli otto dipendenti iniziali ne sono rimasti cinque: uno si è vaccinato e due hanno rassegnato le dimissioni. “È un dispositivo che conferma l’approccio che abbiamo seguito fin qui: la supremazia della tutela della salute pubblica rispetto alla libertà di scelta privata sul vaccino” dice Paolo Santesso, amministratore unico di Sersa, al giornale Corriere delle Alpi. “Libertà che comunque può essere esercitata, scegliendo altre collocazioni professionali”.

La decisione del Governo di imporre l’obbligo vaccinale per gli operatori sanitari aveva ricevuto plausi e critiche da diverse parti politiche, ed era stata presa per tutelare i pazienti anziani e fragili dal rischio di contrarre il coronavirus in ospedale e nelle strutture sanitarie.

Come nel caso, tristemente noto, dell’operatrice sociosanitaria di una Rsa di Fiano Romano, alle porte della Capitale, che ha infettato due colleghi, scatenando un focolaio Covid con 27 ospiti anziani positivi.