Violenze invece di un grazie. Medici da eroi a bersaglio

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Ogni anno 5 mila aggressioni agli operatori sanitari

Da eroi a bersaglio. “Appena mi alzo da questa barella io ti meno”; “vergognati, non toccarmi, basta con questo nazismo sanitario”; “mio padre ricoverato in terapia intensiva mi ha detto come sei fatto, prima o poi dovrai uscire di lì e allora per te saranno guai”: frasi minacciose ormai all’ordine del giorno quelle pronunciate contro medici e personale sanitario.

Una violenza verbale crescente, seguita spesso anche dall’aggressione fisica. Si parla – dati Inail – di cinquemila aggressioni ogni anno, vale a dire 13-14 al giorno, nei confronti di persone che per aiutare i malati tra l’altro hanno accumulato 5 milioni di giornate di ferie e milioni di ore di straordinario.

E’ un quadro allucinante, e desolante, quello che da troppo tempo si verifica in ambulatori, pronto soccorso, ospedali, soprattutto nelle stagioni dell’emergenza Covid.

Le crescenti tensioni sociali hanno incrementato il livello di violenza contro gli operatori sanitari e gli attacchi contro le strutture e i mezzi di soccorso.

Situazioni gravissime, che contribuiscono a fiaccare il morale, ad aumentare lo stress.

Si stanno verificando episodi di una ferocia inaudita: una dottoressa è stata salvata da un infermiere mentre stava per essere strangolata da un anziano no-vax; un’altra è stata presa a pugni e a calci una volta caduta a terra (nonostante ciò si è rialzata, è stata medicata, ha sporto denuncia e poi è tornata subito in corsia!).

Il bollettino di guerra è da brividi, si fa fatica solo a immaginare che tutto questo possa accadere in luoghi “sacri”, dove l’impegno comune dovrebbe essere, come non mai in questo delicato frangente, quello di agevolare i professionisti della sanità nel fronteggiare la crescita esponenziale dei ricoveri, con il primo obiettivo di tutelare la salute dei cittadini.


Chi mai avrebbe immaginato solo un quinquennio fa il “sacrilegio” di un paziente che colpisce un medico, il proprio medico? Un pugno, una minaccia, una ritorsione in luogo di un grazie verso chi è deputato a salvare vite o comunque a curare ogni malato.

Gli psicologi affermano che il Covid ha reso tutti più cattivi e più ingenerosi, ma a tutto c’è un limite. Perché tanta acrimonia? Forse perché gli operatori sanitari rappresentano un potere ritenuto repressivo?

Se lo è chiesto anche il professor Marco Trabucchi, che si è detto impressionato “nell’attuale tempo difficile, dell’aggressività dei no-vax ricoverati in ospedale verso le persone che li assistono”. E dopo aver ascoltato più testimonianze, il presidente degli psicogeriatri italiani, arriva a una conclusione: nonostante tutto si deve curare!

Lo dice anche la Società di Anestesisti e Rianimatori: “Per quanto le circostanze possano essere difficili e faticose, al rifiuto ripetuto e ostinato del paziente non deve far seguito il suo abbandono”.

Sulla stessa lunghezza d’onda, il geriatra torinese Luigi Pernigotti:

 “Si tratta di quella responsabilità che ti assumi quando il camice prende il sopravvento ed evita che ciò che senti di fronte al delinquente, autore di stragi, esca fuori impedendoti di lavorare per non farlo soffrire, prendendoti cura di lui come fosse un angelo o un pezzo della tua carne. In questi casi non si tratta di seguire delle linee guida su come devono comportarsi le tue mani, ma devi seguire la tua anima”.

Sul rapporto operatori-cittadini non vaccinati ha scritto anche Renzo Rozzini, presidente della sezione AIP (Associazione Italiana Psicogeriatri) della Lombardia: “I no-vax aggressivi non sono molti, sebbene rumorosi. Questi sono francamente patologici. Colpisce non tanto l’ideazione complottista, quanto la supposta convinzione di immunità, quella che fa pensare loro di essereesenti dal rischio o, con presuntuosa insipienza, credere che saranno gli altri ad ammalarsi (un surrogato di onnipotenza). (PS: purtroppo nella prima ondata anche molti medici hanno, sebbene per altri motivi, ritenuto di essere immuni dal contagio e per questo sono morti).

In termini più spicci l’impressione personale è che i no vax che si ammalano siano pazienti con scarsa capacità intellettiva, quelli che, in periodo pre-politically correct, quando si poteva dire quello che si pensava, in bresciano avremmo definito “gnorantù”.

Che fare? Non ci sono alternative al giuramento di Ippocrate: (…) giuro di curare ogni paziente con eguale scrupolo e impegno, prescindendo da etnia, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica e promuovendo l’eliminazione di ogni forma discriminazione in campo sanitario (…). D’altro canto, anche il Vangelo, dicendo che è dei poveri di spirito il regno dei cieli, ci invita a farcene carico”.

Cosa prova un operatore davanti a uno che ti deride e fa ricorso a violenze: «Un No vax che protesta, ti offende e ti minaccia di metterti le mani addosso, ti mette in discussione nel tuo lavoro, ti fa entrare l’angoscia solo per infilare un ago. Non sei più sicura di quello che fai», racconta un’infermiera. E aggiunge: «Quando ti avvicini con una siringa e ti senti dire ‘attenta che ti metto le mani addosso’, la mano ti trema, non sei più capace di fare il tuo lavoro».

 “Queste considerazioni – conclude il professor Trabucchi – sono la viva testimonianza di uno stile di lavoro che il medico non perde mai; però non possono nascondere un grave disagio, diffuso nel mondo sanitario dove la malattia si è inserita, limitando tra l’altro il numero degli operatori sanitari”.