Ridisegnare i servizi all’anziano. Cambio di passo imposto dal Covid

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Persone non pazienti, risorse non residui

Persone, non pazienti; risorse, non residui. Il violento impatto del Covid costringe a rivedere a fondo intere categorie di valori, mettendone a nudo pericolose derive in atto da prima della pandemia.

A partire dagli anziani, i più fragili ed esposti al virus, con una tragica sequenza di ricadute, dall’isolamento alla solitudine alla morte; e con essi, nella trincea di questa guerra, quelle istituzioni che prima chiamavamo case di riposo, adesso sono diventate rsa, residenze sanitarie assistite.

Con un peggioramento dei parametri-chiave, dalle risorse alle criticità. Tema riproposto in questi giorni, con la segnalazione della carenza di mezzi, in termini economici ma anche e soprattutto di personale sanitario a tutti i livelli.

E’ un handicap pesantissimo, considerando che circa metà delle strutture esistenti (4.500 in Italia, di cui 500 a Nordest, tra le 350 circa del Veneto, le oltre 200 del Friuli-Venezia Giulia e le 150 del Trentino-Alto Adige) hanno incontrato forti difficoltà nel conseguire il pareggio di bilancio per il 2020, causa minori presenze e maggiori oneri.

I problemi più rilevanti sono nella gestione del servizio: mancano medici, infermieri, operatori socio-sanitari; quelli attivi sono mal retribuiti rispetto ai loro colleghi della sanità pubblica; lo stress quotidiano, altissimo in piena esplosione del Covid, rimane ancor oggi elevato.

Un miglioramento delle condizioni di lavoro è indispensabile; e tuttavia, è condizione necessaria ma non sufficiente.

Sono le radicali e rapide trasformazioni sociali a segnalarlo, con ricadute specifiche nel campo dei servizi alla persona; a partire proprio dagli anziani.

Finora, le case di riposo-rsa hanno svolto un ruolo fondamentalmente di supplenza, intervenendo dove e quando la famiglia non riusciva a provvedere.

Ora, il Covid ha portato in primo piano l’esigenza di un cambio di passo ispirato a una nuova e diversa politica sociale, che non guardi all’anziano solo nello specifico bisogno sanitario e assistenziale, ma lo consideri come cittadino a pieno titolo, con le sue esigenze specifiche però con pari dignità.

Questo comporta un ridisegno dei servizi alla terza età, potenziando gli strumenti per garantirne il più possibile la permanenza a domicilio: con un approccio integrato, che faccia leva su un ventaglio di soluzioni su piani diversi, a partire da un’autentica medicina del territorio, oggi carente.

E tuttavia neppure questo è sufficiente: perché l’invecchiamento della popolazione, inclusa la categoria crescente dei grandi anziani, comporta criticità sanitarie e assistenziali che non possono comunque essere garantite a domicilio, ma richiedono un ricovero in strutture attrezzate in modo adeguato.

Il che significa portare verso l’alto l’organizzazione e la dotazione di personale delle case di riposo-rsa, attrezzandole al tempo stesso per far fronte alle possibili future epidemie: perché quella da Covid purtroppo non sarà l’ultima.

Certo, per realizzare questi obiettivi sono indispensabili norme innovative e nuovi e consistenti finanziamenti: non quelli finora disponibili, tanto meno i tagli operati da anni a questa parte.

Non per pietismo o buonismo verso i nostri vecchi, ma nell’interesse dell’intera comunità. Inclusi i giovani: gli anziani che saranno.

                                                               Francesco Jori