RSA, voglia di rinnovarsi. La “Carta di Treviso”.

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Le persone anziane, qualunque siano le loro condizioni fisiche, mentali, economiche e sociali, hanno il diritto inalienabile alla salute e alla migliore qualità di vita possibile, da raggiungere attraverso la messa a disposizione di quanto necessario per il perseguimento di questo obiettivo. Tutti, proprio tutti, sono portatori di un diritto: la salute.

Non si può non essere d’accordo con questo principio. Se la tutela e la salute dell’anziano non diventa più conciliabile, per i più disparati motivi, all’interno del nucleo famigliare, può essere opportuno fare ricorso alle RSA, chiamate a loro volta a creare un mondo possibile per l’anziano fragile.

Un “mondo possibile” dove le persone anziane mantengono intatta la loro dignità, i propri diritti.

Ma come si fa a creare oggi questa condizione proprio quando le RSA stanno vivendo uno dei momenti più bui della loro esistenza?

E’ sotto gli occhi di tutti che si è in presenza di una grave carenza di personale sanitario e assistenziale, che i costi da sostenere sono oltremodo gravosi e che dal settore pubblico arriva più disattenzione che aiuto.

E, allora, come dare risposta, in particolare ad oltre 350mila anziani non autosufficienti, soli o con famiglie che non sono nelle condizioni di assisterli a domicilio?

Per non parlare poi del milione di anziani non autosufficienti che sono affidati nelle mani di assistenze private spesso non formate e fuori regola.

Di tutto questo si è discusso a Treviso al convegno “50 sfumature di cure”, proprio mentre veniva approvata dal Consiglio dei ministri la Legge Delega di riforma dell’assistenza alle persone non autosufficienti (ora si aspettano i decreti attuativi, ma c’è chi ha visto sul tema della non autosufficienza notevoli passi avanti).

E dall’incontro degli addetti ai lavori riuniti a Treviso è uscito un “documento di impegno per il futuro delle RSA”, con l’obiettivo di “mettere le RSA al centro del loro rilancio, al servizio della comunità locale, nella prospettiva di un arricchimento reciproco”, e “favorendo un’idea positiva dell’invecchiamento”, in una società che deve essere in grado di “comprendere che le RSA non sono magazzini per vecchi ma luoghi di vita”.

“Ridare dignità e diritti agli anziani– si legge nella ‘Carta di Treviso’ – significa dare nuovo valore alle RSA e quindi nuovo valore ai lavoratori di questo settore, lavoratori che, come gli anziani, mantengono dignità e diritti del tutto simili ai colleghi che operano negli altri settori della salute”

“Questa Carta – si afferma nel documento – in definitiva è un tentativo per rilanciare un percorso di impegni e di speranza per un futuro che possa essere migliore di quello attuale”.

Un futuro migliore che potrebbe essere raggiunto – secondo la Carta di Treviso – attraverso alcune strade obbligate.

Innanzi tutto, le RSA devono elevare il valore della propria funzione, assumendo “un ruolo educativo nei confronti di una società disattenta, aprendosi alla comunità e diventando un approdo di fiducia per coloro che di questi servizi hanno bisogno e per coloro che si sentono di farne parte, a diverso titolo, di questi servizi”.

Poi bisogna “promuovere, in un’ottica di piena e reciproca collaborazione, le migliori prassi operative in ambito nazionale  per aiutare il sistema dei servizi residenziali a valorizzare il lavoro fatto ed a migliorare la qualità, erogata e percepita, dell’assistenza, contrastando stereotipi e pregiudizi oggi presenti”; ancora, “disegnare il futuro delle residenze per anziani, almeno per i prossimi 10 anni, proponendo soluzioni moderne, innovative, in linea con le migliori soluzioni architettoniche, tecnologiche, assistenziali, organizzative, in una logica, come dettato dal PNRR, di rete integrata di servizi di comunità”. 

E per costruire un futuro degno di tale nome ci sono questioni generali da affrontare: l’assenza di una cornice normativa nazionale a detrimento di un diritto alla salute equo e universalistico; le sperequazioni contrattuali e la formazione del personale per garantire livelli di assistenza tali da garantire la dignità dell’anziano e il suo diritto alla salute.