Prof. Antonio Prezioso

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“Monsignore, eviti nel mio caso Orazioni funebri preconfezionate”

Anche nel testamento spirituale la sottile ironia del professor Prezioso

«Accetto la mia morte di buon grado per la ferma speranza nella misericordia del Padre, nonostante i miei peccati, le gravi omissioni, la durezza del cuore». Così scrive il caro prof. Antonio nel suo testamento, affidato al Rettore del Seminario in ricordo della lunga frequentazione con Mons. Francesco Dalla Zuanna. 

Io non ho conosciuto Antonio negli anni della sua giovinezza e maturità, dell’impegno sociale e politico, come insegnante e testimone di una stagione incredibilmente ricca della storia di Padova e del nostro territorio; solo da 13 anni, da quando sono diventato rettore del Seminario, l’ho incontrato e frequentato.

Il prof. Prezioso che io ho conosciuto era un anziano minuto e fragile, che camminava lentamente e aveva bisogno di qualcuno che lo sostenesse.

L’ho incontrato nella piccola stanza del Pensionato Piaggi tra pochi ricordi e il libretto per pregare la liturgia delle ore. Ho letto la sua scrittura minuta e incerta e i suoi interventi sulla Difesa del Popolo sempre lucidi e in sintonia con l’attualità.

Per questo ho scelto i due testi della Scrittura che abbiamo sentito proclamare: le beatitudini e il congedo dalla vita del grande Patriarca Mosè.

Scrive nel testamento: «Non ho discendenti né parenti stretti ai quali lasciare quanto mi appartiene e non possiedo proprietà immobiliari, mi considero però ricco perché nulla mi è mai mancato per una vita dignitosa, sicura e agiata».

«Beati i poveri in spirito», proclama Gesù, «Beati i miti». Il prof. Prezioso che ho conosciuto è stato “povero in spirito”, umile e semplice, ha accettato la sua condizione di fragilità con quella simpatica ironia garbata e pungente che non l’ha mai lasciato.

Aveva già lasciato tutti i suoi libri alla Biblioteca comunale di Camposampiero, e al tramonto della vita ha trattenuto solo quanto serviva per non pesare troppo sugli altri.

Ma mi piace collegare la figura del prof. Prezioso a quella di Mosè. Una vita dedicata a quel popolo che ad ogni difficoltà rimetteva tutto in discussione fino a condurlo alle soglie della terra promessa.

Il prof. Prezioso ha dedicato la sua vita agli altri come docente, amministratore, politico e scrittore. Primo assessore regionale alla sanità e all’assistenza, presidentedell’ospedale di Camposampiero, consigliere provinciale, segretario provinciale della DC.

Il lungo legame con Mons. Nervo e la Fondazione Zancan possono farci intuire lo spirito con cui voleva servire la polis.

Cosa è rimasto oggi della passione politica, del desiderio genuino di servire in bene comune di uomini come il prof. Prezioso? Lungi da me entrare nel sentiero delle lamentazioni, ma mi piace pensare che uomini come Prezioso ci abbiano condotto fino alle soglie della terra promessa.

Negli occhi di Mosè che contempla la terra promessa vedo anche gli occhi stanchi ma vivaci del prof. Prezioso che mai ha messo da parte il sogno di giustizia e di pace che l’ha guidato e sostenuto per tutta la vita.

«Mosè aveva centoventi anni quando morì. Gli occhi non gli si erano spenti e il vigore non gli era venuto meno».

Nella busta che conteneva il testamento, il prof. Prezioso ha inserito due pagine dal titolo: «Appunti per un’omelia». Con la sua bella ironia si rivolge al celebrante perché – scrive – «eviti certe orazioni funebri che sembrano alquanto tirate e preconfezionate». Per evitare questo fa una lunga elencazione di tutte le sue mancanze. Una vera e propria confessione per chiedere la misericordia di Dio.

E conclude: «Se tutto ciò nonostante intende egualmente proferire la sua “preconfezionata” orazione, faccia pure. Quanto a me – che non posso obiettare – non mi assumo nessuna responsabilità per le probabili cantonate che serviranno almeno a rallegrare lo smaliziato uditorio».

Credo sia giusto prendere sul serio questa consegna e ricordo che questa celebrazione non è solo l’occasione per proclamare la nostra fede nella risurrezione, non è solo un ringraziamento per la vita di un nostro fratello nella fede, ma è anche una preghiera di suffragio per invocare la misericordia di Dio.

Ma mi sento anche assolto rispetto ai rischi di un’omelia preconfezionata perché l’Antonio che io ho conosciuto aveva ormai lasciato alle spalle le lotte politiche e le inevitabili tensioni che il servizio alla cosa pubblica genera.

Non posso non ringraziare tutti coloro che sono stati amici e compagni di viaggio del prof. Prezioso. Chi gli è stato vicino come presenza familiare, in particolare le persone che l’hanno assistito negli anni del Pensionato Piaggi, la presenza delicata e discreta di Francesca Dalla Zuanna e la fedele amicizia di Dino Scantamburlo.      

Termino con le parole con cui Gregorio di Nissa commenta la scena della morte di Mosé che non entra nella terra promessa: «Cosa impariamo noi da ciò? A non avere se non uno scopo nella nostra vita: essere chiamati servi di Dio a causa delle nostre azioni. Quando tu avrai trionfato su tutti i tuoi nemici, quando tu avrai attraversato l’acqua, quando sarai stato illuminato dalla nube, quando avrai reso potabile le acque col legno […] allora tu ti avvicinerai al termine. Il termine delle fatiche dello stadio è essere coronati; così il termine della vita spirituale è essere chiamati servi di Dio».

È la nostra preghiera per il prof. Prezioso: il Signore lo accolga tra gli eletti perché è stato servo del Signore servendo tutti noi.

                                             Mons. Giampaolo Dianin