Parkinson, Alzheimer, emicrania novità per diagnosi e trattamento

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Buone notizie giungono dal recente congresso nazionale della Società Italiana di Neurologia (SIN) per le diagnosi e i trattamenti di tre patologie, l’Alzheimer, il Parkinson e l’emicrania.

Tre forme di infermità che impattano fortemente sulla popolazione: 12 milioni gli italiani che sono affetti da disturbi del sonno; oltre 6 milioni le persone che soffrono di emicrania, due terzi circa delle quali donne; 1 milione coloro che convivono ogni giorno con la malattia di Alzheimer e che hanno bisogno di costante assistenza; 400. mila le persone colpite dal morbo di Parkinson; la sclerosi multipla affligge circa 90 mila donne e uomini che devono convivere ogni giorno con i sintomi di una malattia che induce disabilità progressiva, ma anche con le difficoltà legate ai servizi sanitari e assistenziali; numeri ugualmente preoccupanti sono quelli che descrivono i casi di ictus, quasi 200 mila nuovi casi ogni anno e circa 1 milione di persone che vivono con gli esiti invalidanti della malattia.

Si tratta di una platea vastissima che potrebbe trovare giovamento dalle nuove opportunità diagnostiche e terapeutiche messe in campo dai ricercatori italiani.

Partiamo dal Parkinson. Grazie ad un semplice test salivare è possibile non solo ottenere una diagnosi precoce, ma anche un indice prognostico, ossia una previsione della progressione della patologia. A mettere a punto il test è stato il gruppo di ricerca de ‘La Sapienza’ di Roma, guidato dal professor Alfredo Berardelli, presidente della SIN. “Tale diagnosi – spiega Berardelli – avviene attraverso l’identificazione della proteina anomala alfa-sinucleina.

Questa è individuabile solo tramite biopsia gastroenterica o della ghiandola salivare, dove sembra si concentri prima di diffondersi al cervello.

L’alfa-sinucleina oligomerica è il marker d’eccellenza. Con una sensibilità quasi del 100% e una specificità del 98,39% ci permette di distinguere chi è in fase iniziale di malattia da chi non è affetto, con un’accuratezza diagnostica complessiva pari al 99%”.

Era dal 2018 che il gruppo di ricerca de La Sapienza di Roma inseguiva la possibilità di individuare in maniera non invasiva un biomarcatore diagnostico precoce della malattia di Parkinson.

Recentemente, è stato ottenuto un risultato mai visto prima: tramite il test salivare si ottiene non solo la diagnosi precoce, ma addirittura un indice prognostico, ossia una previsione della progressione della malattia.

Per quanto riguarda l’Alzheimer, la quale la comunità scientifica internazionale ha accolto favorevolmente i recentissimi esiti positivi degli studi sulle terapie biologiche dirette nei confronti di alcune forme di amiloide e ha ribadito l’essenzialità della diagnosi precoce per individuare i pazienti candidabili alle nuove cure.

Ulteriori aggiornamenti si sono registrati anche in campo preventivo per rallentare l’esordio della demenza, grazie alla combinazione della stimolazione cognitiva con una dieta ipolipidica associata ed esercizio fisico (Studio FINGER).

Gli ultimi risultati su due nuove molecole quali Donanemab e Lecanemab indicano che entrambe non solo riducono in tempi brevil’accumulo dell’amiloide nel cervello del 60% e di altre proteine correlate alla neurodegenerazione come la Tau, che di conseguenza induce un rallentamento della progressione clinica, pari a circa il30% rispetto a chi non assume la terapia.

 In attesa di ulteriori conferme, è giusto sottolineare che questi farmaci appaiono efficaci anche in soggetti anziani già affetti da un decadimento cognitivo.

Rispetto ad altri farmaci, lecanemab e donanemab mostrano un profilo di tollerabilità più soddisfacente per quanto riguarda gli eventi avversi, in particolare lo sviluppo di edema cerebrale e di microemorragie, sebbene occorra ricordare che queste sono in parte più frequenti in chi assume antiaggreganti e anticoagulanti.

 La diagnosi precoce è la condizione necessaria per l’accesso alle nuove terapie contro l’Alzheimer e deve essere effettuata quando ancora non sono comparsi i sintomi tipici della malattia, nonché quando il disturbo non interferisce sulle capacità e sulla autonomia funzionale.

Novità importanti anche per chi soffre di emicrania. Grazie a dei marker serici è possibile capire quali pazienti corrono il rischio di arrivare a una cronicizzazione del mal di testa a causa dell’abuso di farmaci e, di conseguenza, migliorare la loro prognosi.

A spiegare meglio tale condizione è il professoreAntonio Russo, responsabile del Centro Cefalee della I Clinica Neurologia dell’Università della Campania ‘Luigi Vanvitelli’. “Nel percorso di sostegno e presa in carico dei pazienti affetti da Emicrania – spiega Russo – sono fondamentali i nuovi farmaci.

Essi ci permettono di ridurre la frequenza e l’intensità degli attacchi. Si va dalla tossina botulinica che, utilizzata con un protocollo specifico si è dimostrata efficace nella prevenzione dell’emicrania cronica, agli anticorpi diretti contro il CGRP (peptide correlato al gene della calcitonina), attore protagonista del dolore emicranico.

Il dato interessante è che tali trattamenti, oltre ad essere super efficaci, sono altamente tollerabili e sicuri”. 

Un capitolo molto importante del convegno è stato dedicato al sonno e alle patologie neurologiche ad esso legate.

E’ stato affermato che il trattamento dell’insonnia deve diventare uno degli obiettivi per la prevenzione della disfunzione cognitiva e della malattia dell’Alzheimer.