La scomparsa del coniuge momento difficile da superare

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L’ “educazione sentimentale” puo’ aiutare nello sconforto

Credo che nessuno possa smentirmi se ritengo che la morte del coniuge costituisca uno dei grandi dolori della nostra esistenza di coppia, vuoi per il fatto in sé, vuoi per lo stato di particolare fragilità in cui ci troviamo allorquando, inevitabilmente, siamo travolti da questo luttuoso evento.

Dal latino “Vidua” (colei che è priva), vedova è sostantivo, aggettivo e insieme stato sociale; statisticamente preponderante nel sesso femminile che quasi sempre ci sopravvive, la vedovanza è una condizione con implicazioni affettive e pratiche dovuta all’improvvisa forzata interruzione dei rapporti tra marito e moglie, la fragorosa rottura di una dolce catena di obblighi e di relazioni tra due persone che, con gli anni, quasi scambiandosi il proprio DNA, hanno finito per assomigliarsi e integrarsi tanto da essere identificati in una “metà”.

Fin che morte non vi separi. La propria metà, una seconda pelle difficile e dolorosa da scorporare, in particolare per un anziano che, oltre alla carenza affettiva e al venir meno del conforto della condivisione, si troverà impreparato ad affrontare le difficoltà della vita di tutti i giorni.

E anche qui è appena il caso di osservare che, per non aggiungere all’accoramento del lutto il disagio dell’inettitudine, è necessario che noi maschi, coadiuvando le nostre compagne, ci rendiamo da subito indipendenti; almeno quanto basta per cuocerci le proverbiali  due uova o a rassettarci il letto. Naturalmente mi riferisco agli uomini della mia generazione dato che oggigiorno le cose dovrebbero essere cambiate…o no?

In qualsiasi modo si sia arrivati a questo evento, improvviso o preceduto da una o più o meno lunga malattia, la scomparsa del o della  consorte è sempre un momento lacerante, difficile da elaborare e da superare senza  lasciarsi cadere nella disperazione e nello sconforto.

Ma anche qui può venirci incontro una sorta di “educazione sentimentale” che attenui l’impatto con la dura realtà e che in qualche modo lenisca il nostro dolore.

Dopo le strazianti esequie, la partecipazione dei nostri cari e le condoglianze di quanti sono stati testimoni delle nostre vicende, segue la pesante solitudine del rientro nel proprio mondo, orfano di una presenza così pregnante, ovvero una assenza rumorosa piena di rimpianti e di cocente nostalgia per il bersaglio del nostro amore.

Per evitare un dannoso comportamento feticistico, l’operazione da fare al più presto è liberarsi di quasi tutte le cose più intime che ci ricordino il soggetto scomparso…soprattutto vestiti, biancheria e quanto attiene alla cura della persona; in bella evidenza invece, evitando ritratti ufficiali, rispolveriamo gioiose  foto istantanee, libri e musica preferita.

Nessuna “ reliquia”, anche la più corporale come la classica storica ciocca di capelli potrebbe efficacemente sostituire un’introiezione dell’immagine pervasiva della persona amata all’interno di noi stessi.

A tal proposito, voglio riportare due testimonianze che mi hanno particolarmente colpito. Ricordo che per molti anni, nelle colonne necrologiche di un quotidiano locale, in occasione dell’anniversario della dipartita, appariva puntualmente un lungo e appassionato monologo di una donna dedicato al coniuge defunto, al quale si rivolgeva con note di commovente, sincero affetto.

Tutto questo per almeno una decina d’anni fa, fino a quando, il suo silenzio non suggerì il probabile ricongiungimento con l’amato. Più recentemente rammento una distinta coppia ultraottantenne mantovana che, con piglio ancora sportivo, era ospite fissa per l’estate del nostro stesso stabilimento balneare, in una cittadina del medio Adriatico; assidui frequentatori e amanti di quelle acque, ad una certa ora lasciavano la spiaggia tenendosi per mano, sorridenti ed appagati.

Poi, dopo qualche anno, il garbato signore rimase solo e ci confidò mestamente, ma compostamente, di aver disperso le ceneri della moglie al largo del loro mare…per sentirla più vicina. Una bella, piccola storia.

Non è peraltro infrequente che una coppia scompaia a breve distanza l’uno dall’altra se non, più raramente, anche nello stesso giorno, per una specie di empatica, romantica identificazione o, se volete, più scientificamente, per la descritta “sindrome del cuore infranto” ( s. di Tako-tsubo ).

                                                                          Giancarlo Benincà

                                                                          Medico geriatra