Invecchiamento e longevità. Il genere fa la differenza.

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L’intervento di Giovannella Baggio al convegno “Assistere l’anziano oggi”.

Le donne sono più colpite dal Covid ma muoiono meno rispetto all’uomo. Sono più esposte (spesso lavorano negli ospedali o come badanti o si prendono cura dei genitori) ma la mortalità finora è stata più elevata negli uomini, soprattutto nella fascia tra i 50-89 anni. Poi sopra i 90 è maggiore la mortalità femminile, perché le donne sopravvivono di più.

L’osservazione è di Giovannella Baggio, un’autorità mondiale nella Medicina di Genere, che ha tenuto una applaudita relazione al convegno di AltaVita-Ira, in occasione del convegno “Assistere l’anziano oggi”. Fondatrice del primo Centro Studi Nazionale per la Salute e Medicina di Genere, professore ordinario con Cattedra di Medicina di Genere, la Baggio conosce assai bene anche il mondo degli anziani, essendo stata prima professore associato di Geriatria e Gerontologia presso le Università di Pavia e Padova dal 1987 al 1995 e quindi professore ordinario a Sassari dal 1995 al 1999.

“Invecchiamento e longevità: il genere fa la differenza” è stato il tema trattato nella Sala Polivalente del Centro Servizi Beato Pellegrino.

Perché questo singolare comportamento del Covid nell’uomo e nella donna?

Ad oggi ci sono diverse teorie che cercano di spiegare in modo specifico le motivazioni di questa differenza. Innanzitutto, la donna fuma di meno e beve di meno, ma è anche più attenta alle tre regole fondamentali per contrastare il Covid, ossia lavaggio frequente delle mani, uso della mascherina e distanziamento. Spesso, poi, è colei che fa applicare queste regole alla famiglia. C’è, poi, un discorso biochimico, più complesso: ci sono dei meccanismi recettoriali, tra il virus e le cellule, in cui la donna è avvantaggiata. Ad esempio, il recettore ACE2, che diminuisce l’entrata del virus nella cellula polmonare, è stimolato dagli estrogeni. Nell’uomo, invece, per via della proteina TMPRSS2, stimolata dagli androgeni, il SARS CoV-2 entra più facilmente nelle cellule. Il sistema immunitario, poi, è più attivo nella donna rispetto all’uomo, inoltre gli estrogeni hanno effetti antinfiammatori, mentre il testosterone ha degli effetti immunodepressivi. Tutto questo rende il sistema immunitario del genere femminile più vivace rispetto a quello dell’uomo.  

Giovannella Baggio ha sottolineato l’importanza della “Medicina Genere – specifica” che sta evidenziando in maniera crescente numerose e importanti differenze in uomini e donne presenti nella incidenza, sintomatologia e gravità di molte malattie, comprese la risposta terapeutica e le reazioni avverse ai farmaci. Uomini e donne non sono uguali anche di fronte alle malattie.

Durante la pandemia sono emerse differenze tra i generi particolarmente spiccate. Dovute prima di tutto al fatto che uomo e donna differiscono per il sistema immunitario. Nelle donne questo è più attivo – per fattori legati al cromosoma X che nel “gentil sesso” è doppio e anche se uno è parzialmente inattivo contiene però geni protettivi contro il Covid-19 – il che se da una parte è un bene, perché fornisce una protezione maggiore contro virus e altri patogeni, dall’altra è causa di un maggior numero di malattie autoimmuni, come artrite reumatoide, asma, lupus ecc.

I corpi diuomini e donne sono diversi e diversi sono i modi in cui si presentano le patologie e le risposte ai farmaci.

Tutti gli studi condotti finora (da Nature Communications, Science, Global Health 50/50 e dallo stesso Istituto superiore di sanità italiano, per citarne alcuni) hanno confermato che gli uomini rischiano di finire in terapia intensivae di morire più delle donne. Solo dopo i 90 anni, come si è detto, la situazione si ribalta, ma semplicemente perché in quella fascia di età le donne sono più numerose.

“All’inizio la pandemia ci ha colti di sorpresa e abbiamo avuto difficoltà a curare tutti, figuriamoci a distinguere per sesso”. Ora tutto è più chiaro.

La donna paga la sua capacità reattiva immunitaria con una maggiore propensione alle malattie reumatiche, come l’artrite reumatoide, che tra donne e uomini è in un rapporto di 3 a 1, o di Les (lupus eritematosi sistemico), con un rapporto addirittura di 9 a 1. Una tendenza che vale per tutte le malattie autoimmuni.

Un secondo risvolto negativo determinato dalla forte capacità immunitaria della donna è rappresentato dal fatto che è soggetta a infiammazione più spiccata: l’ infiammazione  è un fattore di rischio per il cattivo invecchiamento, quello che viene chiamato “inflammaging”, composto di inflammation – infiammazione – e aging – invecchiare.

Ma statisticamente è vero che le donne vivono più degli uomini? «Le donne sopravvivono 5 anni più dell’uomo, in Italia sono 85 anni per la donna e 80 per l’uomo. La donna vive di più ma con una qualità di vita peggiore, per malattie e disabilità».

La scienziata ha anche parlato della sua esperienza in Sardegna, dov’è rimasta per cinque anni. Ha avuto fra i suoi pazienti il pastore Antonio Todde, entrato nel Guinness dei primati come l’uomo più vecchio del mondo, morto nel 2002 pochi giorni prima di compiere 113 anni. In quel periodo la professoressa ha creato un database contenente i nomi di un migliaio di ultracentenari. «Sull’isola ho assistito a un paradosso genetico, per cui la metà di coloro che avevano superato i 105 anni erano portatori di anemia mediterranea».

La Baggio ha affermato che «Non disponiamo ancora di linee guida differenziate per uomini e donne anche se la conoscenza delle differenze cliniche e terapeutiche sono assai importanti . Quali differenze? A parlare sono le statistiche. NO SBAGLIATO!!! La diagnosi di infarto (che è la prima causa di morte della donna) è piu’ tardiva. Nei primi sei mesi dopo un infarto le probabilità di morire sono del 26 per cento nella donna e solo dell’11 per cento, cioè meno della metà, nell’uomo. Il diabete è tre volte più pericoloso nella donna che nell’uomo. Persino la sintomatologia dell’attacco cardiaco cambia nei due sessi: invece della tipica stretta al petto percepita dai maschi, le femmine spesso avvertono dolore al dorso, alla pancia e al collo, oppure solo ansia o mancanza di respiro, motivo per cui finiscono nei reparti sbagliati e soprattutto cercano aiuto in ritardo.

Un approccio mirato al paziente che tenga  conto dell’età e del genere permette di prevenire meglio le patologie, ma anche di diagnosticarle piu’ tempestivamente e di  curarle con maggiore appropriatezza.