Occhio al sale a tavola. Cresce la lista dei guai

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Condire il cibo con sale eccessivo significa mettere a rischio la salute.

Si susseguono le ricerche sugli abusi di sale e ogni volta viene segnalato un pericolo in più.

Tutti gli ultimi studi sono concordi: bisogna limitare il sale a tavola senza aspettare la terza età.

JAMDA (è il giornale che è la voce ufficiale dell’American  Medical Directors Association) riporta uno studio che dimostra come l’eccesso di sale nella dieta compromette le funzioni cognitive; il rischio aumenta negli anziani, indipendentemente da altri fattori noti, come l’ipertensione e il genotipo APOe.

Lo studio è stato condotto in Cina, paese nel quale è ben noto l’alto consumo di sale (nel 2000 uno studio del Chinese National Total Survey aveva dimostrato un consumo giornaliero medio per persona di 12 grammi, quantità che è più del doppio di quella raccomandata dalla OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che è di 5 grammi/giorno).

L’eccessivo consumo di sale deve allarmare sì i cinesi, ma anche l’Italia ha di che preoccuparsi: il 90% degli adulti usa troppo sale, idem l’85% degli ipertesi e il 91% di bimbi e adolescenti fra i 6 e i 18 anni.

Secondo i dati del nostro Ministero della Salute il 95% degli uomini e l’85% delle donne consuma rispettivamente più di 10 grammi di sale e più di 8 grammi al giorno.

Anche quest’ultima ricerca pubblicata da JAMDA ribadisce che il

troppo sale ha impatto negativo non solo sulla pressione del sangue, che aumenta a sua volta il rischio di patologie cardio-cerebrovascolari come infarto e ictus, ma per i tumori dell’apparato digerente, l’osteoporosi e le malattie renali.

Un ‘killer bianco’ che può essere eliminato lavorando sul consumo domestico da un lato, e con le industrie alimentari dall’altro: il 64% del sale che assumiamo proviene infatti dai prodotti presenti sul mercato (soprattutto pane, prodotti da forno, formaggi e salumi) o è naturalmente presente in alcuni alimenti.

Il sale aggiunto a casa, in cucina e a tavola, sebbene fondamentale, influisce invece solo per il 36%.

Per ridurre il consumo di sale fino al valore massimo raccomandato dall’OMS, di 5 grammi al giorno, vengono raccomandate 5 azioni concrete.

La prima è quella scolare e sciacquare verdure e fagioli in scatola e mangiare più frutta e verdure fresche. Poi provare a diminuire gradualmente l’aggiunta di sale ai propri piatti preferiti, in modo da far adattare il palato al nuovo gusto.

Poi per cucinare e dare sapore, al posto del sale meglio usare erbe, spezie, aglio e limone. Infine, controllare le etichette dei prodotti alimentari prima di acquistarli, per scegliere quelli a minor contenuto di sale.

Ci sono dei sintomi ben precisi che ci segnalano l’eccessivo impiego di sale: il gonfiore addominale è uno degli effetti a breve più comuni dell’assunzione di troppo sale.

Il sale porta l’organismo a trattenere l’acqua, quindi si accumula più liquido. Un altro segnale d’allarme è l’aumento della pressione arteriosa.

Troppo sale affatica i reni e rende loro più difficile liberarsi del liquido di cui non si necessita. Di conseguenza, la pressione sanguigna aumenta. Anche il senso di arsura potrebbe essere un segno che si sta mangiando troppo sale.

Il consumo eccessivo di sale causa anche un declino cognitivo. Lo rivela uno studio pubblicato su Nature da un team del Weill Cornell Medical College di New York guidato da Costantino Iadecola.

Un regime alimentare con percentuali elevate di sodio causa l’accumulo di proteina tau modificata, sostanza associata alla comparsa di condizioni come l’Alzheimer e altri tipi di demenza.


Infine, aggiungere sale al cibo è associato a un rischio del 28% più elevato di morte prematura.

Lo rivela uno studio, pubblicato sull’European Heart Journal, condotto dagli scienziati della Tulane University School of Public Health and Tropical Medicine, che hanno esaminato i dati relativi a oltre 500 mila persone.

Il team, guidato da Lu Qi, ha valutato le informazioni di 501.379 partecipanti a uno studio della biobanca britannica. Ai volontari è stato chiesto, tramite un questionario, di indicare la frequenza con cui aggiungevano il sale a tavola, direttamente nel piatto.

Sono stati considerati fattori come età, genere, etnia, indice di massa corporea, assunzione di alcol o abitudine del fumo, livello di attività fisica e condizioni mediche.

Nella popolazione generale di età compresa tra i 40 ei 69 anni, riportano gli autori, circa 3 persone su 100 muoiono prematuramente.

Stando a quanto emerge dall’indagine, le persone che consumavano quantità più elevate di sale a tavola erano correlate a un rischio maggiore di morte prematura.

L’aspettativa di vita tendeva ad aumentare leggermente se questo comportamento veniva mediato dall’assunzione di frutta e verdura. Ha commentato Lu Qi: “I nostri risultati confermano che mangiare troppo sale rappresenta un rischio per la salute e può ridurre significativamente l’aspettativa di vita».